Nella percezione comune
il caviale parla una lingua esclusivamente di origine russa o iraniana: la storia però racconta ben altro, anche di un’identità italiana. “Le uova estratte dallo storione che, condite, chiamano caviale” (Ova Stirionis Conditum Quod Caviare Vocant), ne parlava già nel 1471 l’umanista Bartolomeo Sacchi detto Platina.
Ebbene, leggendo nella storia più recente, a cavallo tra Lombardia e Piemonte, all’interno di quello che sarebbe in futuro diventato il Parco del Ticino, avvenne un importante incontro: quello tra la famiglia Mandelli di origine trentina che convertì alcune aree dei 300 ettari di tenuta in allevamento di storioni con l’idea di riprodurli e sperimentarne l’allevamento, e la famiglia Giovannini, pionieri nell’allevamento degli storioni e proprietari di circa 50 riproduttori selvatici di storione dell’Adriatico.
Nel dicembre 2001, dall’unione di intenti, viene fondata la “Società Agricola” che ha permesso nel tempo di far crescere le più pregiate specie di storioni nelle acque sorgive del Parco del Ticino. L’obiettivo era produrre un caviale di eccezionale qualità con il totale controllo della filiera.
Un percorso così importante anche da salvare dall’estinzione alcune specie come l’Acipenser naccarii (caviale Da Vinci), l’unica delle tre originariamente presenti in Italia ancora riscontrabile in alcuni fiumi italiani, salvata dall’estinzione dalla famiglia Giovannini. Allevata dal 2002, è endemica nel Mar Adriatico e nei principali corsi d’acqua della regione Padano-Veneta, nella Dalmazia e nella Grecia occidentale.
Ma non solo, altre specie meno diffuse sono l’Acipenser stellatus o storione stellato (caviale Sevruga) e l’Acipenser ruthenus o storione sterleto nella varietà albina (vera e propria rarità, un tempo solo per gli Zar).
Grazie al lavoro di recupero il caviale Ars Italica Da Vinci è ormai tornato a far parte della quotidianità e sono diversi i cuochi stellati a sceglierlo. Dimostrazione la cena organizzata al ristorante bistellato Enrico Bartolini al Mudec dove lo chef lo ha utilizzato per un menù in cui è riuscito ad abbinarlo a piatti come la carne cruda di manzo piemontese, emulsione al curry e sorbetto di mandorle, il risotto al pesto di pinoli e telline fino allo storione arrosto.
Un ingrediente, il caviale, non sempre facile da utilizzare ma che, come gli altri prodotti che nell’immaginario sono immortali, tali resteranno, fuori o dentro le cucine stellate. Dimostrazione che, anche questa volta, il nostro patrimonio gastronomico è immenso ed il caviale può anche non essere soltanto russo.
Fonte – http://reportergourmet.com/76489/il-caviale-che-parla-italiano-piace-sempre-piu-agli-chef-stellati.html